Le donne di Monica Bernardini: Metallica
Come accordare bulloni, viti, saldature a braccia morbide e mani che si appoggiano teneramente su un seno di lucido metallo sotto cui sembra battere un cuore? Come giustificare la sinuosità del ventre assemblato con giunture-fasci muscolari a membra di politezza traslucida? Su cui peraltro si piega la fessura degli occhi aperta in una calotta simile a un elmo antico? Il robot tutto parla di shock tecnologico, di disperata rassegnazione all’inevitabile decadenza emozionale dell’umanità declassata a vuoto involucro. Reso peraltro coscientemente offerta votiva a enti supremi cibernetici, tiranni massmediatici, signori della sofferenza che cancellano con impulso cinico quanto vi è ancora di Buono e Bello. Una mesta denuncia, dunque, quest’essere di lega iperuranica. Dobbiamo trovare forse in lei una ragione per far deragliare il Vuoto cui ci hanno condannati? Dobbiamo stremarci di paradossi riducendo all’osso meccanico la questione etica di inevitabile stampo esistenzialista connessa al nostro trovarci in un qualsiasi hic et nunc? Questo disegno a matita di Monica Bernardini, ripresa peraltro di un soggetto già noto, la dice lunga sull’impegno razionale ed emotivo che da artista profonde nelle sue opere. L’impatto per lo spettatore è di forte spaesamento, induce un necessario regredire e un pensiero critico di vasta escursione. Vi appare inoltre evidente la grazia del tratto accompagnata da uno studio luministico preciso che si definisce in esperti e calibrati chiaroscuri, in margini netti ma, nel contempo, quasi vibranti. Gli opposti concettuali completano così questa figura che è una “Mater dolorosa” del nostro assurdo millennio.
Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Monica Bernardini /
12 marzo 2011
Le donne di Monica Bernardini: Vita, essenza e armoniche curve
Una Donna-Sirena sgorga dall’etereo formarsi dell’armonia. Rappresenta la nascita della musica, arte astratta per eccellenza, fatta di accordi e dissonanze, e qui rappresentata in rotondità morbide e linee severe stemperate nel rosso pompeiano e nell’oro della Secessione viennese con i suoi miti di Bellezza. Saldamente avvinghiati alla materia che si va facendo dal cuore di uno strumento musicale, dalla sua cassa armonica. Titolo perfetto, quello del dipinto, di sintesi fulminante. Le corde fulgide della chitarra sono raggi ascendenti, mostrano una strada. Che Lei, la Donna, sa percorrere perché ha bianchi pensieri. Allora, questa compagna e guida spirituale la si potrebbe chiamare Leuconoe, come la giovinetta di Orazio dalla candida mente che egli esorta a vivere intensamente, senza tentare il futuro per svelarlo. La Leuconoe-Donna-Sirena di Monica Bernardini si enuclea con temperanza dal suo embrione straordinario perché sa - in quanto lo ha appreso attraverso le generazioni - che l’avvenire sta nei suoi fianchi forti, nelle mani appoggiate a essi, nel suo ruotare la testa con condiscendenza regale, nell’accettare la magnifica corona di corde dorate come un amuleto o un salvacondotto per la Verità. Lei stessa è un arcano quindi, e nel suo accennarsi miracoloso al mondo porta l’atto della creazione.
Le donne di Monica Bernardini: Eva
Una figura enigmatica avvolta in un drappo di raso opulento come sipario compiacente, intriso di luce fredda nel suo trascolorare sul turgore sodo del corpo. Un mare di raso blu sopra una nudità casta. La più naturale e innocente, se non fosse per quel filo metallico che intacca la purezza delle carni. Si attorciglia al braccio, circuisce la schiena, scende sul seno, penetrandolo appena, lasciando un marchio indelebile. Questa donna è Eva. Eva che si fa irretire, rovescia la testa, a occhi chiusi ascolta un richiamo, impara il turbamento, si abbandona al piacere della rivelazione. Corteccia rugosa sullo sfondo, fiorita d’elettro però, e spume leggere, volute preziose tra i capelli sempre bruni, folti. Lei vive una musica. Note arcane le riposano tra le ciglia, nella curva delle labbra. Al risveglio non sarà più la stessa. Il mondo intero attorno avrà altri colori, scandirà un tempo mortale da paragonarsi con l’eterno concesso da Dio, in sfida con Dio.
Le donne di Monica Bernardini: Io
Un gioco di specchi e un’immagine riflessa che si riverbera come in un calembour figurativo, visionario e ampio per chi guarda, date le molteplici prospettive di ideazione. Soprattutto se si intuisce che è l’artista stessa a ritrarsi attraverso la sua forma archetipica, sdoppiando quindi la materia contingente per coglierne l’essenza. E ciò nell’intimo della dimensione privata, al di là di quanto può disturbare, distrarre, deconcentrare. Arte come immersione totale nel proprio mistero. Vivificante viaggio alla scoperta del sé profondo, raccolto nell’acquasantiera della chioma fluente e compatta, con cabale di stelle argentee e un adattarsi della massa setosa attorno al profilo, a ridisegnarlo. In bilico perfetto tra la realtà dell’essere donna e il sogno dei motivi klimtiani da cui risalta una spalla e un accenno di fianco quasi maschile nella sua asciuttezza.