Segni di...versi: una collettiva di pittura alla ricerca della Distinzione (Mesagne / 27 luglio 2014)
Premessa
Nel cenno della Distinzione si apre questa collettiva, e il titolo ne rappresenta bene il significato con il richiamo ai Segni, iconici naturalmente, ma non solo, in quanto di…versi, ovvero insoliti, singolari, differenti, persino alieni o di spiritualità particolare. I sensi vi sono coinvolti in un percorso alla scoperta di molteplici dimensioni lungo il filo rosso della metafora, che è un varco attraverso cui comprendere. Comprendere l'arte con i suoi messaggi, in un viaggio talvolta itinerario mistico e incanto. Sì, incanto. Perché quando avviene il prodigio del capire, l’anima si acquieta in un ordine spazio-temporale avulso dai comuni criteri di misura e si abbandona a procedimenti più raffinati e complessi. Le seduzioni e i contrasti stilistici, la ricerca della complementarità segreta tra le cose sono le magie di chi crea; entrare empaticamente nel flusso di emozioni all’origine dell’opera è l’obiettivo naturale di chi vi si avvicina, da spettatore o da critico. Il tratto da recepire negli artisti di questa mostra è, pertanto, la necessità del rappresentare, liberando sui supporti preferiti le visioni che rampollano spontanee. Nei momenti in cui, cioè, l’essere consiste soltanto nel gesto che traduce l’idea. In un altalenare di sperimentazioni e ritorni a motivi rimeditati a tal punto da diventare nitidi altri da sé. Nel susseguirsi di nascite dalle plurime valenze, tra reticoli di linguaggi emblematici. La mostra, quindi, si fa messaggera di correlazioni nascoste nelle sfaccettature caleidoscopiche dell’universo. Il tutto all’insegna di un manifestare paradigmatico, come possibilità di avvertimento del reale in strutture metamorfiche aperte, per gamme svarianti da un’inquietudine astratta alla ripresa di figurativismi simbolici.
Antonia Acri realizza opere che sono esito simbiotico di azioni razionali e spinte alogiche indotte da un'attitudine alla trasfigurazione resa vasta da vicende speculative. Tese, peraltro, a un elettivo luogo virtuale dove lei sta a suo agio e accetta il canto delle sirene navigando nelle proprie allegorie intime, per affrancarle infine con limpido slancio. E ciò, anche mentre dà corpo a figure femminili che si stagliano su sfondi ad arabeschi vegetali narranti storie di mutazioni, oppure risaltano da quinte sceniche di interni connotati a impressioni vaghe di pochi particolari.
I paesaggi di Laura Di Vittorio esprimono la fisicità dei soggetti prescelti attraverso un gioco volumetrico che ne esalti i valori plastici. Si attua qui una poetica di enucleazione del pieno - morbidamente onirico, peraltro - dalla tavola del cielo, dove il pieno stesso sembra aggregarsi per poi scaturire, con prospettiva quasi a zoom fotografico. Nei dettagli dei panorami c’è la tendenza a sfrondare i caratteri degli elementi, rimeditati tramite una gravitas speciale, c’è la coesione fra la loro solenne armonia e l’impercettibile rifinitura tonale resa spettacolo straordinario dal silenzio in cui sono celebrati.
Le ottiche di Francesca Fantasia, nella loro illusoria chiarezza propongono travestimenti del quotidiano come matrici esemplari di continui sviluppi per il loro stesso sfuggente discrimine. Specchi di eventi amplificati a livello di coscienza. Dilatazioni che mantengono agganci al dato comune. Visioni stranianti per transfer del focus sul non detto. Ritarare i contenuti alterandone la sostanza è quindi traccia di un impegno che mira a reinventare senza stravolgere. Rielaborando il sentimento della percezione.
Intuitiva nel plasmare masse nucleari essenziali, Liliana Gatti offre una lettura traslata del fenomenico, che l’ispirazione penetra decodificandone gli indizi. La sua ricerca si snoda lungo un cammino irto di rimandi al reale, accampati sulla tela in bagliori e scoppi di impasti cromatici esteticamente pregevoli: quasi dei medium interpretativi dell’energia racchiusa in ogni atomo della materia. Qualora essa accolga l'alchimia della palingenesi per pennellate dense. Come stati d’animo espressivi di un acceso lirismo e di interesse genuino per l’interazione di forma e colore al di là del limite.
I dipinti di Vincenzo Gabellone, davvero evocativi per giochi di fine sfumato e geometrizzanti, talora, a scomporre e ricomporre scenari in sovrapposizioni leggere, dichiarano il suo procedere sensibile nel superamento di qualsiasi dicotomia compositiva. Le nuance, fredde a lumeggiature speziate, sono la voce di una poesia interiore che canta in sordina, con grazia.
Un mondo dunque, quello rappresentato in Segni di…versi, ricco di plausibili tappe volte a mete sempre preziose. Per sottrarre al silenzio il miracolo di un personale istante di entusiasmo, e palesarlo grazie alle infinite gradazioni dell’immaginario artistico.
Sulla scorta di una sapiente Discrezione, quindi, di cui riappropriarsi con stupore perenne.
Irene Navarra, 27 luglio 2014