Alda Merini, dal dolore nascono parole e poesia /
Un'artista da riscoprire

 
 
L'assoluto di vita e poesia, la duplicità esistenziale della sensualità e del misticismo, la forza della parola capace di far rinascere la carne martoriata, la tragicità della follia che sboccia nella visione poetica. L'intensità della poesia di Alda Merini (Milano 1931-2009) è rivissuta nella sala del Centro Culturale "Incontro" nell'omaggio resole nella serata dal titolo "La parole e l'anima". Il progetto, costruito su un'idea della poetessa goriziana Irene Navarra, è stato realizzato in sintonia di passione con Alessandra Rea. I testi, ora lucidi ora visionari, intrisi di metafore e riferimenti al mito, di parola ora erotica ora platonica, connotata da misticismo religioso o carnale grevità, sono stati letti da Mariolina De Feo e accompagnati dalla musica classica e contemporanea di Michela Cuschie al pianoforte. Nel salutare il numeroso pubblico presente il padrone di casa, monsignor Ruggero Di Piazza, ha ricordato la specificità femminile della serata, degna anticipazione della Festa dell'8 marzo, spesso troppo banalizzata, nel segno dello spessore umano e cristiano, reso concreto dalla valenza affettiva dello stare assieme. Quindi la serata ha preso il via con la proiezione di un video accompagnato da una canzone di Roberto Vecchioni per proseguire poi, molto articolata e costruita con perfetta sintonia, in un alternarsi di analisi e commento critici stilistici, uno scavare e confrontare di testi, ma anche un'indagine della donna e poeta Merini in un quadro esistenziale difficile e contraddistinto da genio, precocità e grande sofferenza. Un traccia connotata da estraneità e diversità estreme fino all'esperienza dolorosa dell'internamento in manicomio per lunghi anni. Ma la vera protagonista della serata, che ha fatto vibrare gli animi dei presenti, è stata la parola che quanto è meta salva e fa rinascere la carne martoriata. Alta è volata la poesia che, con grande interiorizzazione e capacità interpretativa, è stata fatta vivere nella sua forza da Mariolina De Feo. Due i percorsi proposti per scoprire o riscoprire la personalità e l'opera della Merini; il primo "Il teatro della mente" curato da Alessandra Rea ha attraversato la poetica adolescenziale analizzando anche l'ambiente sociale e il contesto storico nel quale già a 15 anni la Merini si è imposta come poeta. Adolescente capace di piegare alla sua creativa interiorità dolente, ma desiderosa di esprimersi una lingua matura nonostante la giovane età. La Rea ha posto l'accento sull'evidenziarsi sin dagli esordi del volto luminoso e fosco di Dio, facendo emergere e mettendo in luce la sua affinità con "Le Elegie" del maestro Rainer Maria Rilke. Irene Navarra invece ha affrontato, con determinazione indagatrice, ora scientifica ora di condivisione empatica, "Il misticismo degli opposti" nell'opera della maturità. Nella sua "lezione" ha spaziato, tracciando percorsi comparativi del linguaggio visionario e metaforico nel quale scorgere rimandi alla duplicità esistenziale dei grandi come Omero, Orazio e Dante.

Margherita Reguitti, Il Piccolo, 4 marzo 2010

Omaggio ad Alda Merini / Le parole e l'anima

2 marzo 2010: "Teatro Incontro" - Gorizia.
10 giugno 2010: "Convento di San Francesco" - Pordenone.

 
 
Le serate si sono articolate in due nuclei di presentazione delle liriche di Alda Merini. Il primo con letture da Fiore di poesia a cura di Maria Corti (Alessandra Rea: Il teatro della mente), il secondo sull’età del canto, quando, dopo l’uscita dall’Istituto psichiatrico Pini di Milano (1965 – 1972 e poi a fasi alterne fino al 1979), finalmente la poetessa ritrovò l’ispirazione e scrisse La Terra Santa (Irene Navarra: Il misticismo degli opposti).
Il primo intervento, basato sul concetto di vita come quotidiana rappresentazione, ha considerato la speciale lucidità della scena meriniana. Il suo sé non è qualcosa di organico il cui principale destino è quello di nascere, maturare e morire, ma piuttosto l’effetto drammaturgico che emerge da una scena preparata poiché ella organizza e struttura mentalmente quanto vuole presentare al pubblico sotto forma di poesia. Alda però non agisce secondo le regole di condotta vincolanti attore e destinatario, ovvero le regole della società. Queste non valgono. O almeno non valgono per lei che fa sempre coincidere vita e poesia. Inoltre solo collocando le liriche dell’adolescenza nel complesso del suo pensiero poetico possiamo conoscere la personalità della Merini. Ci accorgiamo così che il percorso non cambia. Di scena rappresentata si tratta. E particolarmente lucida, come dice l’amica Maria Corti.
Il secondo intervento ha analizzato i testi dell’età matura, da cui prepotentemente emerge l’anima della poetessa. Fondamentale la pubblicazione di Vuoto d’amore, curata da Maria Corti, in cui scopriamo le straordinarie sillogi Il volume del canto e La Terra Santa.
Ne Il volume del canto troviamo la sua voce spiegata, quella che aveva già cercato di esprimersi nel 1979 con La Terra Santa, e che tanta fatica aveva durato a farsi ascoltare. È lei stessa a definirci l’anima come la sorgente della sua poesia in quanto porta l’armonia di suoni acquisiti nell’ignoto primigenio, ne testimonia la memoria che il poeta raccoglie e racconta da visionario qual è, mescolando spirito e carne in un paradossale misticismo simile al godere di Dio di fronte all’uomo, sua creatura, in cui coesistono gli opposti di materia e forma.
Compito del poeta è, quindi, raccontare perché dalle (e con) le parole possa rinascere anche il corpo più martoriato. Così lei, pensando alla parola come meta di riscatto, può salvarsi dall’Inferno del Manicomio, che è silenzio di poesia tra urla di dementi. Il mezzo è l’Amore.
Per Amore lei riconosce in un volto qualsiasi traccia del Divino, il suo essere in una dimensione eterna fin da prima della nascita. Per Amore sente. L’ispirazione la invade e travolge. Se le cose stanno in tale modo l’Arte è, dunque, l’incontro con il Divino, e l’artista parla la Lingua di Dio, tentando una spiritualità quasi fisica che va dall’estasi erotica a quella religiosa. La parola di Alda si prepara elettivamente nel dolore, facendo epica di sé e dei “sommersi” di sempre, siano essi i folli degli Istituti psichiatrici o, semplicemente, gli emarginati, i reietti dell’imperante vivere sociale. O il Cristo che morì inchiodato sulla “croce come una farfalla” (Cantico dei Vangeli – Gesù).
All’attrice Mariolina De Feo e alla musicista Michela Cuschie va ascritto il merito della perfetta fusione di parole e note che ha suggellato lo spettacolo di Gorizia. Lo stesso vale per quello di Pordenone animato dalla presenza scenica di Alessandra Marc.
Le musiche dei vari compositori hanno accompagnato i versi in un sapiente gioco di assonanze, echi e richiami. Il contenuto delle liriche ne è risultato amplificato o ammorbidito, talvolta anche enfatizzato. Tono elegiaco e tono drammatico, abbandono e ribellione, rassegnato adattamento, recitativi e voli melodici si sono alternati e corrisposti nelle poesie della Merini e negli spartiti prescelti. Armonizzandosi in virtù anche di una sapiente interpretazione. Questo perché lei era così. La sua stessa voce era un canto, spesso una nenia dolcissima. E amava il pianoforte. L’aveva studiato a lungo e lo suonava. Spesso creava abbandonandosi al flusso della musica. In un tutt’uno, dolce o spezzato per il pianto, emergeva la sua vocazione di narratrice.

Da Note per la stampa a cura di Irene Navarra