Solìte di Nandra Schilirò
Solìte è un libro strano. Per il titolo che si inventa interpolazioni di significati nominali: sol più il suffisso ite indicante un’affezione, ambigua in questo caso, nel suo oscillare a metà tra un che di vivido e un che di tumescente. Intenso e pulsante comunque. Quanto lo può essere un’infiammazione, una qualsiasi infiammazione. Da Sole (luce, calore) o da privazione di esso. Perché ci si può anche innamorare dei propri grovigli, soprattutto quando si tenta inutilmente di liberarsene e, in fondo, ci si riconosce in essi.
Negli otto racconti di Solìte le protagoniste - creature interrotte/spezzate/deluse ma non vinte - respirano, in modo ossessivo, tutte le gamme della mancanza. Il libro pertanto porta vicende di malattia, anzi, della malattia regina/strega dei nostri tempi: lo spleen esistenziale esacerbato dal disagio dell’essere che si trova – solo - a combattere la battaglia durissima della propria determinazione.
Solìte ha peraltro in sé il senso di una promenade, di una passeggiata che rappresenta il movimento del lettore da una storia all'altra, in continuo richiamo reciproco. Storie che si articolano sempre sullo stesso tema dell’assenza/vuoto d’amore, con sfumature più o meno sensibili, a far risaltare le percezioni della narratrice per le visioni appena evocate. Talvolta in forma di incubo.
Il tutto con caratteri fortemente sperimentali che coniugano scrivere compulsivo da monologismo protratto e uso di accordi dissonanti nella fruizione del linguaggio, mutevole di tono e di coloritura col suo frequente trascolorare dal poetico al surreale, attraverso il suggello di un programmato impoetico.
La narrazione ha inoltre decisi toni di visionarietà nel senso che ci apre scene continue, sprazzi sul mistero di una vocazione di vita solitaria, prospettive d’interni il più delle volte, siano essi ambienti o nicchie di pensiero. Ed è proprio la ripetizione del tema in infinito intersecarsi e interagire di significanti e significati (solitudine, mancanza d’amore, riconoscimento dell’amore come unica salvezza, perdita) a fungere da elemento di coesione in una struttura altrimenti episodica, basata su taluni contrasti tra un elemento del racconto, personaggio o fatto che sia, e l'altro.
Luoghi e situazioni minimali sono allora solo pretesti per un’azione che è quasi sempre intima e prende spesso sostanza grazie alla forma espressiva delle lettera e del messaggio SMS. Filtri più o meno consistenti su cui lasciare traguardi di verifica.
Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Letteratura / Nandra Schilirò /
27 ottobre 2009