Sovrimpressione epica (2)
Galahad. Il mio eroe da quando ero piccola. Il cavaliere puro che riposa nella mano di Dio e compie l’impresa del Graal. Egli percorre e ripercorre ogni anfratto del mondo. Affronta viaggi inimmaginabili e spesso cade lungo la strada. Il mio Galahad non vince sempre le sfide, le affronta però anche se curvo, per quanto sfiduciato. Beve fino alla feccia il liquore amaro della vita. Vuota la coppa. Si orna di gemme, e le abbandona. Si impiastriccia di fango per piangere in pace. Non vuole la compassione. Sprezza l’odio e conosce un solo Amore. Il rimpianto non è da lui. Va. Tirando su le sue quattr’ossa, emerge da ogni abisso e si rinnova perché sa molto. Per aver visto molto. La mente è colma di visioni. Se le incolla addosso come un’armatura magica e segue il filo del ritorno all’Uno. Al Dio che l’ha informato di sé condannandolo a un’esistenza astratta. Quel Dio ininfluente, in fondo. Conta il dovere più di tutto il resto. La schiena ha ali fiammeggianti quando riprende il volo dopo la disperazione.
Ecco, questo è il mio Galahd dei giorni bui e luminosi assieme.